PGA Intellectual Property Newsletter – 13/07/2020

PGA Intellectual Property Newsletter – 13/07/2020

by PGA
Violazione di IP e responsabilità dell’internet provider

La Swedish Court of Appeal ha condannato il provider Telia Company per aver favorito alcuni siti internet nella violazione di intellectual property. La pronuncia è stata emessa a valle di un’azione intrapresa nel 2018 da Disney, Universal Studios, Warner Bros e numerose altre multinazionali. In particolare la Corte Svedese era già intervenuta in passato emettendo una c.d. ingiunzione dinamica nei confronti di Telia Company. Era stato infatti ordinato al provider di bloccare l’accesso a The Pirate Bay, Dreamfilm, Nyafilmer, Fmovies e molti altri siti per violazione dell’art. 53B del Swedish Act on Copyright in Literary and Artistic Works. I ricorrenti sostenevano, dunque, che Telia, fornendo la connessione internet ai propri clienti e consentendo l’accesso anche ai predetti siti, cooperasse nelle violazioni rilevate.
La decisione conferma l’approccio adottato da numerosi Paesi e la recente crescita nell’utilizzo delle ingiunzioni dinamiche per paralizzare le violazioni di IP.


L’uso del patronimico quale denominazione sociale

In una recente sentenza la Corte di Cassazione ha chiarito la portata dell’art. 21, co. 1, lett. a), c.p.i., in tema di uso del patronimico nell’attività economica. Si tratta dell’evento finale di una complessa controversia intrapresa da Salini Costruzioni S.p.a. nei confronti di Salini LocateIli (oggi ICS Grandi Lavori S.p.a.), Salini Global Service S.r.l. e Claudio Salini. In particolare Salini Costruzioni agiva allo scopo, tra le altre cose, di inibire alle controparti l’uso del patronimico «Salini» quale denominazione sociale.

Sulla base della consolidata giurisprudenza in materia, la Suprema Corte ha stabilito che ove due società di capitali abbiano la medesima denominazione, dovrà essere attribuita prevalenza all’iscrizione nel registro delle imprese. Al contrario, non assume rilievo né il mero pregresso utilizzo della stessa denominazione da parte di altra società, che ha cessato da tempo di operare e che faceva capo a familiari del socio di una della società registrata per seconda, né il fatto che la denominazione di quest’ultima coincida col cognome di uno di tali soci.


La registrabilità degli slogan commerciali

In una recente sentenza (TGUE, T‑156/19, 13/05/2020, Koenig & Bauer) il Tribunale Generale (UE) ha negato la registrabilità come marchio comunitario dell’espressone idiomatica di lingua inglese “We’re on it” per contraddistinguere prodotti e servizi nelle classi da 1 a 4, 7, 9, 11, 16 e 35 a 42.

Secondo la decisione, in particolare, l’espressione “We’re on it” veicolerebbe l’idea secondo la quale il richiedente “se ne occuperà” o che è degna di affidamento o fiducia. Tuttavia, secondo il Tribunale, il messaggio in parola sarebbe applicabile a qualsiasi tipo di prodotto o servizio. Il segno difetterebbe quindi della necessaria capacità distintiva.

Con riferimento alla registrazione di slogan, si ricorda la celebre sentenza della Corte di Giustizia nel caso “AUDI”. In tale occasione, la CGUE aveva stabilito che la funzione distintiva del marchio può essere compatibile con quella dello slogan a condizione che sia valutata in funzione, da un lato, con la natura dei prodotti o dei servizi per i quali è chiesta la registrazione e, dall’altro, della percezione che ne ha il pubblico di riferimento.